Le coppie, spesso, vengono da me quando scoppia tra loro una crisi così forte che temono di perdersi, identificando il perdersi con il divorzio.
In realtà, alcune di loro si sono già perse anni prima, altre sono solo nella nebbia di una comunicazione poco chiara, altre ancora portano il peso di essere in troppe persone nella coppia, alcune non sono mai state coppia veramente e la loro storia non è ancora iniziata….
Un amore nasce lentamente o all’improvviso, esplode nel petto facendo cambiare la percezione del tempo, dello spazio, dei luoghi, delle persone.
La prima fase di un rapporto d’amore è caratterizzato da un processo di idealizzazione dell’altro, il che consente di passare dall’infatuazione iniziale ad un sentimento più profondo. In quest’arco di tempo vengono mostrati principalmente gli aspetti positivi, si indossa una maschera fatta di ciò che riteniamo piacevole e desiderabile dal partner.
L’idea che si sviluppa in questa fase è quella della completezza, la sensazione di aver trovato l’altra metà della mela.
Il partner rappresenta colui o colei da cui dipende la nostra felicità, finché non arriva il tempo della delusione o disinganno.
La delusione è una fase di svelamento, durante la quale si inizia a vedere l’altro per ciò che è nella sua interezza, con le sue fragilità e debolezze.
E’ fondamentale viversi la delusione per il superamento del desiderio di appagamento egoistico dei propri bisogni personali, che spesso è il fine principale in una relazione.
Se la relazione non va oltre il sentimento di bisogno e di necessità si può strutturare un legame di dipendenza, volto principalmente a riempire vuoti che ci si porta dentro dall’infanzia e per affermare sé stessi ed il proprio valore attraverso conferme e riconoscimento che provengono dall’altro.
Una coppia, i primi mesi, durante il corteggiamento, si incuriosisce dell’altro, lavora per sorprendere, per emozionare, per affascinare.
I ritmi dei primi tempi possono risultare accelerati, si può essere carichi di energie, si può tendere a tagliare il mondo fuori in una sorta di fusione con il partner, famelici di conoscersi e viversi profondamente.
Alla fusione, per lo sviluppo di una relazione sana, seguirà un allontanamento tale da consentire al mondo di ricircolare tra i due individui.
La coppia rallenterà i ritmi e troverà una routine che, se sfruttata bene, fornirà sicurezza e senso di protezione.
Uscire dalla fusione, dal “facciamo tutto insieme e stiamo sempre insieme, vicini vicini” è un passaggio fondamentale alla strutturazione di un “amore sano”, perché chi non può consentirsi di stare lontano forse non è realmente vicino.
“Se la nostra pelle è copertina di libro
Dopo aver ammirato titolo e fattura
Sfogliatelo famelici
Per averlo dentro anche se non è tra le mani”
Essere in relazione con l’altro vuol dire creare connessioni profonde che consentono non solo complicità, ma anche la capacità di conoscersi al punto tale da sapere come sostenersi.
Il sostegno reciproco nelle normali difficoltà quotidiane, la vicinanza empatica, la volontà di comunicare il proprio mondo interiore per fornire strumenti di comprensione all’altro, lo sforzo di costruire un mondo comune alle reciproche diversità e tanto altro ancora sono gli elementi fondamentali che alimentano un amore.
In terapia dico sempre che l’amore richiede tanto coraggio, in quanto è una perdita ….
Quando si ama si accetta di perdere il “controllo”, si è in due e si deve accettare anche di affidarsi, di fidarsi e di lasciarsi condurre, quando si ama si perdono parti di sé per andare incontro all’altro.
Perdere parti di sé non nell’accezione negativa del termine, bensì come processo indispensabile per cui si smette di essere esclusivamente un “io” ed un “te” per essere un “Noi”.
Il Noi è una terza entità che ha vita propria, fatta di un nuovo respiro, nuovo ritmi, nuovi equilibri e, come ogni neonato, ha necessità dei suoi tempi per imparare a crescere e camminare, a cadere e rialzarsi, ferirsi e scoprire che ci si può curare e guarire.
Il “Noi” non sempre nasce, in quanto l’imparare a camminare risulta faticoso e c’è la tendenza dei partner a lottare per tornare a “volare” come accadeva nei primi tempi della fase dell’innamoramento.
Ci si ritrova invischiati nella pericolosa illusione di poter cambiare l’altro, nella convinzione della necessità di ritornare allo stato fusionale iniziale in cui il partner appariva perfetto.
Le recriminazioni, gli scontenti, le minacce, le manipolazioni, i comportamenti ossessivi e persecutori potrebbero essere gli ingredienti che la coppia si trascina nel tempo alla ricerca di un amore impossibile ed immaturo, volto a colmare vuoti e dolori di un tempo passato che non esiste più.
Ed è così che ci si perde prima ancora di essersi veramente trovati, ci si impiglia nelle maglie della sfida, della lotta al potere, ci si infanga di tutto ciò che viene in eredità dal proprio sistema familiare, ci si ritrova a dipingere un quadro a quattro mani simile a quelli appesi nelle stanze della nostra infanzia che abbiamo così odiato.
Quando un paziente si accomoda, su quello che sarà il “nostro” divano, la prima cosa che mi chiede è di essere sua alleata/o e di aiutarla/o a cambiare il proprio partner, di trovare il modo di trascinare il partner in terapia per essere “aggiustato”.
L’altro è da aggiustare, modificare, cambiare perché così com’è non va bene, rende infelici, non capisce, non ci ama!
Incastrati in tale convinzione si è lacerati dal senso di impotenza e la vita diventa un incubo dal quale è possibile uscire con una parola: “corresponsabilità”.
La corresponsabilità apre un mondo di possibilità, un mondo in cui la relazione è fatta di un cinquanta e cinquanta ed io posso agire unicamente sul mio cinquanta.
Nella parola corresponsabilità si sposta il focus e, chi è seduto su quel divano, inizia a vedere finalmente se stesso.
Lentamente si interrompe la caccia alle streghe, alle pozioni magiche, si interrompono le cospirazioni e si rompe lo specchio delle mie brame, si comincia a riscoprire i bauli dei propri desideri, sogni, passioni, seppelliti troppo spesso lungo la strada della lotta al potere.
Quello che avviene nel paziente dopo “essersi visto” non ve lo racconterò, poiché ogni persona è un libro meravigliosamente unico e non vi è una storia uguale per tutti che possa essere raccontata.
Posso però scrivere che, vedere un uomo o una donna, un ragazzo o una ragazza, afferrare la propria clessidra interrotta o bloccata è scuoterla o rigirala, piangere e ridere per la sabbia che riprende a fluire, è l’emozione per cui vale la pena … proprio come capita in amore!
Dott.ssa Elena Fattorusso
Psicologa & Psicoterapeuta Sistemico-Relazionale